Selmonsson: I Romanisti non lo volevano!

Raggio di Luna

Quando Lionello Manfredonia, nel 1988, passò dalla Lazio alla Roma, ci furono proteste e minacce: ribellioni di ultras, barricate ideologiche: i romanisti non lo volevano. Il marchio biancazzurro rappresentava, dicevano, la violazione dello spirito di Trigoria. Quando Arne Selmonsson era passato dalla Lazio alla Roma, nel 1958, c'erano stati tumulti, ma da parte dei laziali che non volevano perdere il loro campione: i romanisti erano ben lieti di offrirgli una maglia giallorossa. «Raggio di luna», così lo chiamavano, era un campione singolare. Un uomo quieto e sereno, accattivante, una classe limpida. Forse perché era biondo acceso, in lui tutto sembrava trasparente. La sua azione era incisiva e armoniosa. Nella Lazio dove aveva giocato tre stagioni, era stato un uomo guida, un punto di riferimento insostituibile. E lo stesso ruolo interpretò nella Roma: era un personaggio rassicurante. Questi erano i campioni-simbolo con i quali la Roma tentò di conquistare nuove fortune, di allontanarsi dal ricordo della retrocessione, di non cadere più in quelle acque melmose, nella seconda metà degli anni '50. Ci riuscì solo in parte, nel '55, quando conquistò un terzo posto che poi diventò secondo, per la retrocessione dell'Udinese. Poi ci furono altri problemi, altri scivoloni, nel '57 finì addirittura quattordicesima, poi si riprese di nuovo. Questa altalenante situazione ebbe inevitabili riflessi in società, nei quadri dirigenziali. Renato Sacerdoti concluse che la sua dedizione alla Roma gli era già costata troppe fatiche, e affidò il pesante compito ad un altro giallorosso di antica discendenza: Anacleto Gianni, che sarebbe passato alla storia calcistica come Anacleto V, perché era quello il posto in classsifica sempre occupato dalla Roma sotto la sua presidenza. Chi si rivede, Guido! Sì, proprio lui, perché ci fu un convulso balletto di allenatori in pochi anni. Un traffico incessante. Giorgio Sarosi aveva sostituito Jesse Carver; Guido Masetti aveva sostituito Sarosi; Abel Stock aveva sostituito Masetti; Gunnar Nordahl -che ancora giocava stancamente, e ritentava l'avventura giallorossa sotto nuove vesti- aveva sostituito Stock; poi era tornato Sarosi poi era venuto ancora Nordhal. Infine, questa Roma irrequieta era stata affidata alle sapienti mani di Alfredo Foni. E finalmente, negli anni '60, sarebbe riuscita a raggiungere una dimensione europea.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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